Champlevé: in questo tipo di lavorazione le cavità destinate ad ospitare gli smalti sono ricavate dallo spessore della lastra metallica, incidendo e scavando quest’ultima con bulini, scalpelli e ceselli. Le linee di contorno vengono invece lasciate emergere e risultano a lavoro finito.
En ronde bosse: qui la pasta vetrosa viene applicata e fusa su un’anima di metallo realmente tridimensionale, in genere sbalzata.
Scrive la studiosa Ulla Krempel “nella storia dell’arte dello smalto si ripresenta sempre il medesimo fenomeno: all’improvviso compaiono tecniche nuove, perfette già fin nella prima opera oppure vengono riprese tecniche antiche che già si credevano cadute nell’oblio”.
Lungo i secoli alcune scuole si sono imposte come vettori di tradizione e innovazione nell’arte della lavorazione a smalto. Dopo che gli artigiani costantinopolini , alla fine dell’impero d’oriente, diffusero quest’arte nei maggiori centri europei, fu la scuola limosina ad influenzare, nel primo medioevo, un po’ tutte le altre: quella spagnola, ma anche l’inglese e l’italiana. Nell’Italia del XIII è infatti l’importazione di opere limosine che veicola le nuove tecniche a smalto andando a sovrapporsi alla memoria della tradizione bizantina.
Nel corso del XVI secolo prevale la manifattura fiorentina, legata ai Medici: lo testimoniano gli oggetti conservati al Museo degli argenti di Firenze, che precedono l’affermarsi del più famoso orafo smaltatore italiano, Benvenuto Cellini a cui fino a qualche tempo fa era attribuita la famosa «Saliera» per Francesco I, al Museo di Vienna.
Ancora oggi la toscana rappresenta in Italia un’ eccellenza artigiana in questo particolare tipo di tecnica artistica ed è esattamente a Firenze che la designer Giovanna Ferrero Ventimiglia lavora in sincrono con abili artigiani per realizzare il design di Piccoli Smalti.
Tecnicamente la lavorazione dello smalto è il prodotto della fusione di materiali vetrosi e di ossidi metallici con funzione di coloranti che, a seconda delle loro singole qualità, rendono la superficie vetrosa più trasparente o più opaca. Le sostanze vetrose usate per la smaltatura vengono polverizzate e lavate per decantarne le impurità, infine riportate sul relativo supporto metallico e cotte in un forno refrattario. I tempi di cottura dipendono sia dal materiale di supporto (oro, argento e rame), sia dalle sostanze vetrose utilizzate; ad esempio: gli smalti opachi fondono ad una temperatura inferiore rispetto a quelli trasparenti e talvolta è necessaria una doppia cottura per accentuare la lucentezza del colore.
A seconda delle qualità della massa vetrosa e delle caratteristiche del supporto la lavorazione a smalto si distingue in alcune tecniche utilizzate durante i secoli : Cloisonné, Champlevé, En ronde bosse sono solo le più note. Nel Cloisonné il supporto è costituito da una struttura ad alveoli (cloisons), formata a sua volta dalle barrette divisorie dei singoli campi smaltati, corrispondenti in genere alle linee interne del disegno e della composizione.
Champlevé: in questo tipo di lavorazione le cavità destinate ad ospitare gli smalti sono ricavate dallo spessore della lastra metallica, incidendo e scavando quest’ultima con bulini, scalpelli e ceselli. Le linee di contorno vengono invece lasciate emergere e risultano a lavoro finito.
En ronde bosse: qui la pasta vetrosa viene applicata e fusa su un’anima di metallo realmente tridimensionale, in genere sbalzata.
Scrive la studiosa Ulla Krempel “nella storia dell’arte dello smalto si ripresenta sempre il medesimo fenomeno: all’improvviso compaiono tecniche nuove, perfette già fin nella prima opera oppure vengono riprese tecniche antiche che già si credevano cadute nell’oblio”.
Lungo i secoli alcune scuole si sono imposte come vettori di tradizione e innovazione nell’arte della lavorazione a smalto. Dopo che gli artigiani costantinopolini , alla fine dell’impero d’oriente, diffusero quest’arte nei maggiori centri europei, fu la scuola limosina ad influenzare, nel primo medioevo, un po’ tutte le altre: quella spagnola, ma anche l’inglese e l’italiana. Nell’Italia del XIII è infatti l’importazione di opere limosine che veicola le nuove tecniche a smalto andando a sovrapporsi alla memoria della tradizione bizantina.
Nel corso del XVI secolo prevale la manifattura fiorentina, legata ai Medici: lo testimoniano gli oggetti conservati al Museo degli argenti di Firenze, che precedono l’affermarsi del più famoso orafo smaltatore italiano, Benvenuto Cellini a cui fino a qualche tempo fa era attribuita la famosa «Saliera» per Francesco I, al Museo di Vienna.
Ancora oggi la toscana rappresenta in Italia un’ eccellenza artigiana in questo particolare tipo di tecnica artistica ed è esattamente a Firenze che la designer Giovanna Ferrero Ventimiglia lavora in sincrono con abili artigiani per realizzare il design di Piccoli Smalti.
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